
1. Gaia
2. Shadows
3. This
4. And Now
5. Esprit de Muse
6. Moor
7. Noh Blues
8. Christa
9. Vignette
10. Gloria’s Step
11. Requiem
Marc Copland – pianoforte
Gary Peacock – contrabbasso
Joey Baron – batteria
Se la mente corre allo Standards Trio con (di) Keith Jarrett, nel pronunciare il nome di Gary Peacock è bene fare non un passo indietro, bensì avanti nella storia del contrabbassista dell’Idaho. La sua vena poetica, il suo sound, non si sono cristallizzati: sono illuminati e illuminanti. Ottant’anni magnificamente portati, in barba a chi lo aveva già ibernato. E li festeggia guidando una coppia di musicisti d’altissimo profilo, come Marc Copland e Joey Baron, che qui non si risparmiano e rivitalizzano le loro già prolifere vene artistiche.
Le ottanta primavere di Peacock suonano tutte, ma non con incedere imbolsito, bensì con una poetica nuova e fresca che mette in chiaro tutto il passato del contrabbassista (ricco e variegato) e la sua cifra autoriale scintillante. L’universo sonoro di Peacock attraversa il cielo vespertino con ripetizioni di accordi e il suono granuloso del suo contrabbasso picchettato dalle invenzioni ritmiche di Baron (“Gaia“). Etereo e arioso con cenni di una velocità sempre disponibile (“Shadows“). I tempi sono sempre slow, anche in “This” dove la struttura è aperta e la linea melodica s’infila di tanto in tanto, spennellata dalle note calibrate e pesate da Marc Copland, che firma la title-track attingendo dal suo vocabolario contemporaneo con lo swing suggerito da spiazzole e piatti di Baron e le larghe note proposte dal leader. Anche Baron parla lo stesso linguaggio nell’unica composizione a sua firma, “Esprit de Muse” aperta da un grappolo di note e armonici di Peacock e resa argentina dalle note acute del pianoforte. “Moor“ sembra lì per lì per esplodere, ma rimane nel suo cerchio – ampio e vigoroso – di corde, piatti e pelli che s’incrociano, cedono rispettosi il passo l’uno all’altro e fluttuano intorno a un tema accennato. La bella sensazione di vibrare nell’aria la si avverte anche quando la scena tocca a una ballad deliziosa, con Copland che tiene il tema e lo accarezza a meraviglia (“Christa“). Non poteva mancare lo chapeau a Scott La Faro, qui con “Gloria’s Step” che esalta il vibrato di Peacock.
Un disco di rara bellezza: impegnativo e da ascoltare per l’accuratezza del suono e per la passione di Peacock e i suoi sodali per i nuovi profumi del jazz.